Non è un viaggio di piacere, un percorso tra i locali
notturni, dove falsamente si balla e ci si diverte quello dell’autore
Massimiliano Santarossa, nel suo "Viaggio nella notte" (Hacca Edizione) Al contrario, è un viaggio nella vita vera, un
percorso esterno e interno di un’anima in pena, che racconta con sangue freddo,
senza patetismo, le vicissitudini di una vita sprecata.
Il personaggio non ha un nome proprio, rappresentante com’è
di un’intera generazione che cresce e lavora e si strugge tutta una vita
rendendosi conto “dell’inferno sulla terra, nella terra, dentro la terra”.
Il giovane già vecchio percorre i luoghi della sua vita
quotidiana, l’alba già notte, i capannoni - le balene di cemento che ingoiano
senza pietà gli anni migliori della gioventù, l’asfalto nero, i colori della
morte.
Passano in rivista donne trattate con tenerezza, “mamma
ragazza la chiamavano, mamma sola e senza nessuno la vedevo io”, prostitute
tristi con la dignità delle vere signore che rallegrano un po’ i giorni dei
morti viventi e in un attimo gli danno l’illusione della vita, il ricordo dell’amore
ormai perduto, che fungeva da scudo dal gelo del cielo, la madre urlante per
non aver saputo salvare il figlio.
L’uomo cerca salvezza nel cielo, in Dio, gli urla contro, ma
Lui ormai non sente più nessuno, non sente né Bianchetto, che affoga le
disperazioni nel bicchiere di vino, né il ragazzo che si dice cantante, o
artista “che canta con la sua chitarra la rabbia di una generazione sbranata
dai mostri divenuti padri o dai padri divenuti mostri”, né il vecchio poeta
buono, che il mondo sempliciotto non riesce a capire, né il ragazzo che non
troverà mai pace nella droga.
E infine, abbandonato da se stesso, la decisione finale:
quella di non tornare più indietro, di mettere fine a tutte le sofferenze,
sperando in un silenzio totale.
Ma dov’è Dio in tutto questo? Forse dopo aver dato
all’umanità la possibilità di scegliere tra il bene e il male, tra la ricchezza
materiale e quella spirituale, tra la vita felice nei campi e la brutta
industrializzazione in nome del progresso, l’abbiamo già cacciato via,
l’abbiamo rinchiuso fuori da noi?
Il viaggio continua nella notte fonda nella ricerca
disperata di una lucciola che dia l’indicazione giusta verso il sole, ma più
che la disperazione, in questo romanzo vorrei vedere la protesta contro tutto e
tutti, contro il male, che ormai non riusciamo più a distinguere dal bene.
p.s. Questa mia recensione è stata pubblicata anche su Shilab