“Kehinde, il fratello buono,
forse non è così buono. Taiwo, il fratello cattivo, forse non è così cattivo.”
Sono
due, uno, sono uno indiviso i due fratelli siamesi Kehinde e Taiwo. Nati così,
a ipsilon, due busti e solo un paio di gambe. Due cervelli in due teste diverse
come la lingua di un serpente, come due
parti di una stessa medaglia indivisibile. Lavorano in una sauna per soli
uomini. Nascosti dietro un bancone, hanno il compito di dare le chiavi degli
armadietti, fornire asciugamani e preservativi e altri servizi, senza mai far
vedere la parte inferiore delle loro arti. Intanto osservano tutto quello che
succede lì dentro, dagli appuntamenti più normali alle esperienze sessuali più
crudeli. Tutta quella violenza si riverbera su qualsiasi essere finché trova
sfogo nell’omicidio di due donne.
Strutturato
in gironi, il romanzo presenta l’inferno del mondo d’oggi. I due fratelli,
simili ai vasi comunicanti, si raccontano ognuno dal suo punto di vista,
scambiando discorsi filosofici e delicati come l’amore divino, la chiesa,
l’aborto, il bene e la giustificazione perversa del male, l’omicidio ecc.
Con
un linguaggio proprio del surrealismo dalle pagine rimbalzano immagini quasi
ripugnanti, descritti a dovizia di dettagli che non ci si riesce più a distinguere
tra sogno e realtà, tra ombra e luce, tra conscio e inconscio.
Dedicato
alla memoria di Pier Paolo Pasolini, l’epilogo del romanzo ritrova una sorta di
serenità solo nel passato: “Caspita, fratello. Vieni dal cielo profondo e mi
racconti la storia del mondo con una grande metafora”.
Ci
si ritrova a ricordare i versi di Pasolini:
“E io, feto adulto, mi aggiro
più moderno d'ogni moderno
a cercare i fratelli che non sono più.”
più moderno d'ogni moderno
a cercare i fratelli che non sono più.”
(Io sono una forza del passato)
Aida Baro